Remo Bianco

Remo Bianchi, in arte Remo Bianco (Milano, 1922), nel 1937, dopo aver praticato diversi mestieri per mantenersi, si iscrive ai corsi serali di disegno all’Accademia di Brera. Qui, nel 1939, è notato da Filippo De Pisis, che diverrà il suo maestro. Durante la seconda guerra mondiale è arruolato nel 1941 come puntatore mitragliere su un cacciatorpediniere e, in seguito all’affondamento della nave, è salvato dagli inglesi e internato a Tunisi. Dopo un breve soggiorno a Sassuolo, rientra a Milano nel 1944 dove riprende la scuola di disegno e i contatti con De Pisis. Tra il 1945 e il 1950 realizza dipinti a olio, prevalentemente figurativi, influenzati dal Postimpressionismo di Rouault e dalle opere giovanili di Cézanne, così come dalle ricerche di Picasso. Sullo scorcio degli anni Quaranta sperimenta anche le prime opere tridimensionali e le prime Impronte in gesso.

 

Agli inizi degli anni Cinquanta è vicino alle ricerche dello Spazialismo di Lucio Fontana, inserendo nelle opere materiali come pietre e frammenti di vetro, e realizza al contempo opere, che definisce Nucleari, dal forte impatto materico. Al 1951 circa risale l’incontro, fondamentale per la sua vita, con l’imprenditore milanese Virgilio Gianni, conosciuto tramite De Pisis a Villa Fiorita, a Brugherio. Gianni, vicino all’ambiente di Carlo Cardazzo, diventerà il suo mecenate, oltre che collezionista e amico. Nel gennaio 1952 espone per la prima volta in una mostra collettiva – Autoritratti di Artisti Contemporanei – alla Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo. Nell’ottobre dello stesso anno si tiene la sua prima mostra personale alla Galleria del Cavallino di Venezia con una presentazione di Virgilio Guidi. Il 27 giugno 1953 presenta per la prima volta i suoi lavori 3D alla Galleria Montenapoleone 6A di Milano, con in catalogo una presentazione di Lucio Fontana. Nel febbraio 1954 espone un gruppo di 3D al Naviglio, con una presentazione in catalogo di Salvatore Quasimodo, e a luglio al Cavallino, con uno scritto di Virgilio Guidi. Stando a una sua annotazione diaristica, proprio mentre si sta recando a Venezia in occasione della mostra, nascono le sue prime impronte in gesso. Nel 1955, grazie a una borsa di studio offertagli da un gruppo di industriali e collezionisti milanesi, tra i quali Virgilio Gianni, parte per New York dove resta alcuni mesi visitando anche Chicago e la Florida. Qui vede per la prima volta una mostra di Burri e conosce i lavori di Donati, Marca-Relli, Kline e l’Action Painting di Jackson Pollock, la cui influenza si rivelerà fondamentale nello sviluppo dei Collages. Nel giugno 1955 espone al Village Art Center le opere 3D. Il rientro a Milano è segnato dalla perdita del suo maestro de Pisis, che muore nel 1956. Nello stesso anno scrive il Manifesto dell’Arte Improntale, cui è collegata la produzione delle Impronte di oggetti in gesso e in gomma, e dei Sacchettini – Testimonianze, opere in cui interviene con il prelievo di oggetti quotidiani, spesso legati al mondo dell’ infanzia. Al rientro dagli Stati Uniti inizia, inoltre, la serie dei Collages. Nel 1957 inaugura il fortunato ciclo dei Tableaux Dorés, opere non figurative che derivano dallo sviluppo della tecnica dei Collages nelle quali interviene con la foglia d’oro.

Tra la il 1959 e il 1960 inizia a studiare le proprietà fisiche e estetiche del Sephadex (un gel chimico che ha la proprietà di dividere le sostanze secondo il loro peso specifico) i cui risultati saranno esposti nella mostra al Moderna Musset di Stoccolma del 1969. Alla fine dell’anno, inoltre, tiene una mostra di Tableaux Dorés al Casinò di Venezia con una presentazione di Agnoldomenico Pica. Nel 1964 pubblica il Primo Manifesto dell’Arte Chimica e espone al Cavallino le Impronte Viventi. Nel 1963 espone a Trento alla Galleria l’Argentario di Ines Fedrizzi; partecipa alla Biennale di San Marino e alla Biennale d’Arte del Mediterraneo di Alessandria d’Egitto. Il 1965 è un anno denso di avvenimenti. Visita dapprima Bourges, conosce poi Mark Tobey a Basilea e tiene una mostra di Impronte alla Galleria Flaviana di Locarno, nella quale oltre alle Impronte in gesso e, ai Sacchettini – Testimonianze, ripropone le Sculture Viventi. A Carrara redige il Manifesto della Sovrastruttura e inizia il ciclo delle Appropriazioni, di cui fanno parte le Sculture Neve, le Sculture Calde, le manipolazioni con i quadrati dorati di foto tratte dai giornali, e le Bandiere. Inizia così a servirsi del “modulo” dei quadrati dorati “come di una specie di marchio o sigla personale, araldica, sovrapponendolo a riproduzioni di altri artisti, riviste o illustrazioni già esistenti”.

 

Tra il 1969 e il 1970 inizia il ciclo dell’Arte Elementare. Nel 1970 un grande Tableau Doré è esposto alla Sala Volpi alla Biennale del Cinema di Venezia. A partire dallo stesso anno e durante gli anni ‘70, si dedica al ciclo della Gioia di Vivere. Nella prima metà degli anni Settanta la sua arte sconfina anche nella performance e in opere che richiedono la partecipazione attiva del pubblico. E’ il caso di Idee per una scala, installazione autobiografica presentata alla Galleria del Naviglio (1972) e dello spettacolo Sadico Mistico Elementare da lui scritto e interpretato al Teatro Angelicum di Milano (1972).

 

Dalla seconda metà degli anni ’60 si consolidano i rapporti con Parigi, in particolare con il critico Pierre Restany e le gallerie Raymond Cazenave e Lara Vincy. In quest’ultima galleria sono presentati i Quadri Parlanti (1976), la Gioia di Vivere (1979) e le Bandiere (1979). Nel 1977 si tiene la mostra La realtà “improntale” alla galleria International Arts di Roma, presentata da Miklos Varga e in cui sono esposte una selezione di opere della sua intera produzione. Nel 1978 partecipa a Bologna alla mostra Metafisica del Quotidano; l’anno seguente partecipa al’Opera dei Celebranti. Discorso sul Museo, a Ancona. Nell 1983 il Museo delle Albere di Trento, allora diretto da Gabriella Belli, gli dedica una mostra antologica. Nel 1984 presenta la mostra Saint – Rémy du Blanc alias Remo Bianco alla galleria Lara Vincy dedicata alle Sculture Neve. Dal 1987 le sue condizioni di salute si aggravano. Una delle sue ultime mostre, Drapeaux. Bandiere, si tiene ugualmente alla Galleria Lara Vincy nella primavera del 1987. Si spegne a Milano il 23 febbraio 1988.

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