5779. 3/12 – Entang Wiharso
07.11.2018 – 06.12.2018
Entang Wiharso
The Family Portrait, 2012
led lightbox
48 x 78 cm
“The Family Portrait è la ricostruzione di un progetto legato al matrimonio, nato come una soluzione di riconciliazione delle memorie assenti della mia famiglia. Il mio obiettivo era cercare di dare delle risposte attraverso il ritratto matrimoniale, un momento essenziale che la mia famiglia ha tanto desiderato ma che non è mai accaduto. Detto questo, sento che questo progetto ha fallito” – Entang Wiharso.
Imbevuto di complessità, l’opera di Entang Wiharso è radicata nella sua identità e nell’identità della sua famiglia. Nato in Indonesia da una famiglia javanese, Wiharso ha sposato una donna americana e ha due figli. Questa situazione e la condizione a essa correlata – l’artista e la sua famiglia vivono tra Yogyakarta, Indonesia e Rhode Island, Stati Uniti – aggiunge solamente un ulteriore livello di complessità alla sua condizione personale, che è la principale fonte di ispirazione nel suo lavoro. Attraverso vari linguaggi, dal rilievo alla performance, dalla pittura alla scultura, Wiharso ha cercato di catturare l’essenza della condizione umana e la relativa abilità, attraverso l’arte, di percepire, empaticamente, domande primarie sull’amore, l’odio, il fanatismo e l’ideologia.
Mescolando arte primitiva con cartoni animati, ironia e violenza, l’artista è stato capace di catturare il complesso tessuto dell’Indonesia, un paese che, come pochi altri, dà corpo ai paradossi che dominano il mondo contemporaneo, dall’estremismo religioso allo sviluppo finanziario, dalla multietnicità all’identificazione nazionale post-coloniale. In altre parole, l’artista rappresenta la condizione di uomini che sono spesso divisi da sistemi politici, etnici, razziali e religiosi che sono complessi e sfaccettati, esseri umani che coesistono a dispetto del fatto che la loro comunicazione sia limitata e indiretta. Immagini e oggetti, incluse piante ornamentali, lingue, code, intestini, pattern di pelli di animali, inferriate e paesaggi dettagliati, sono interconnessi a livello tanto intuitivo quanto intellettuale.
BUILDINGBOX è uno spazio indipendente facente parte della galleria, caratterizzato da un programma autonomo. Il progetto inaugurale, a cura di Nicola Trezzi, apre nella settimana di Rosh HaShana, il capodanno dell’anno 5779, come dice il titolo stesso, secondo il calendario ebraico.
Seguendo queste premesse, ossia una vetrina visibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e un calendario di 12 mesi (Nisan, Iyar, Sivan, Tammuz, Av, Elul, Tishrei, Marcheshvan, Kislev, Tevet, Shevat e Adar), 5779 è una mostra collettiva nella quale le varie opere d’arte non sono presentate una vicino all’altra, bensì piuttosto una dopo l’altra. La struttura del calendario, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, diventa la linea guida per la presentazione delle opere di molteplici artisti; questa impostazione trasforma il concetto stesso di mostra collettiva: da coesistenza e giustapposizione, a linearità e processione.
Inoltre, questo tipo di strutturazione decostruisce l’essenza stessa della mostra collettiva, che è, per definizione, una mostra con varie opere d’arte, di vari artisti, presentate una vicino all’altra in uno spazio definito e per un periodo di tempo limitato. Con 5779 l’idea della mostra collettiva, nella quale opere d’arte di diversi artisti appaiono una dopo l’altra nello stesso spazio – sostituendosi, subentrando l’una all’altra – suggerisce un’inversione dell’equazione alla base del fare mostre. Piuttosto che organizzare una mostra a partire dallo spazio, come succede usualmente, questa volta la mostra viene costruita sulla base del tempo.