5779. 8/12 – Pae White
05.05.2019 – 02.06.2019
Pae White
<L3U~.>C≈K¥◊CHΔRMS‡, 2014
70 neon, trasformatori, cavi elettrici
installazione site specific
Pae White appartiene a una generazione di artisti affascinata dal linguaggio del disegno industriale e dei mestieri. Attraverso una profonda comprensione delle nozioni di collaborazione e di lavorazione per conto terzi, tali artisti hanno basato la loro pratica sulla ridefinizione, ricontestualizzazione e capovolgimento di questi temi, attraverso la creazione di opere d’arte dal carattere ibrido: lavori che sono al tempo stesso opere d’arte, pezzi di disegno industriale e oggetti funzionali.
L’opera presentata per BUILDINGBOX è una frammento di un’installazione composta di 540 neon. Il progetto iniziale, che prevedeva più di 2.000 tubi al neon, è stato sottoposto a un processo di riconfigurazione randomizzata che ne prevede l’adattamento, e conseguente trasformazione, in base allo spazio deputato ad ospitarlo; tale strategia è stata adottata anche per lo spazio di BUILDINGBOX.
Concepita come una sorta di terapia della luce per compensare i disordini affettivi stagionali, <L3U~.>C≈K¥◊CHΔRMS‡ si riferisce, formalmente, ai motivi ornamentali di un mitico tappeto magico. Tinta dalle differenti gradazioni del bianco che simulano gli effetti della luce solare, l’installazione di neon crea una gioiosa “camera luminosa” che, nel caso di BUILDINGBOX, i visitatori e i passanti avranno la possibilità di esperire non solo durante il giorno ma anche durante il tramonto, la notte e l’alba.
<L3U~.>C≈K¥◊CHΔRMS‡ di Pae White costituisce l’ottavo capitolo di 5779, il progetto espositivo che inaugura la prima stagione di BUILDINGBOX, uno spazio indipendente facente parte di BUILDING ma caratterizzato da un programma unico e autonomo. Il progetto, a cura di Nicola Trezzi, ha aperto nella settimana di Rosh HaShana, il capodanno dell’anno 5779, come dice il titolo stesso, secondo il calendario ebraico.
Seguendo queste premesse, ossia una vetrina visibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e un calendario, in questo caso bisestile, di 13 mesi (Nisan, Iyar, Sivan, Tammuz, Av, Elul, Tishrei, Marcheshvan, Kislev, Tevet, Shevat, Adar Alfa e Adar Beta), 5779 è una mostra collettiva nella quale le varie opere d’arte non sono presentate una vicino all’altra, bensì piuttosto una dopo l’altra. La struttura del calendario, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, diventa la linea guida per la presentazione delle opere di molteplici artisti; questa impostazione trasforma il concetto stesso di mostra collettiva: da coesistenza e giustapposizione, a linearità e processione.
Inoltre, questo tipo di strutturazione decostruisce l’essenza stessa della mostra collettiva, che è, per definizione, una mostra con varie opere d’arte, di vari artisti, presentate una vicino all’altra in uno spazio definito e per un periodo di tempo limitato. Con 5779 l’idea della mostra collettiva, nella quale opere d’arte di diversi artisti appaiono una dopo l’altra nello stesso spazio, sostituendosi, subentrando l’una all’altra, suggerisce un’inversione dell’equazione alla base del fare mostre. Piuttosto che organizzare una mostra a partire dallo spazio, come succede usualmente, questa volta la mostra viene costruita sulla base del tempo.
Al fine di sottolineare ulteriormente la predominanza del tempo sullo spazio, completo ribaltamento del fare mostre e delle sue premesse, è stata presa la decisione di esporre opere che non solo sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ma sono anche ‘nutrite’ dall’elettricità, luci al neon, opere con lampadine, video, ecc., come “piccoli soli” (sebbene il calendario ebraico non sia puramente solare ma “solunare”) che scandiscono il ritmo del tempo.