FAVENTIA – 2/12. Liliana Moro
13.02.2024 – 11.03.2024
Dal 13 febbraio 2024 al’11 marzo 2024, BUILDINGBOX ospita l’opera Still Life (2020) dell’artista Liliana Moro (Milano, 1961).
La seconda opera ospitata nella rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, realizzata in terracotta ingobbiata e foglia di nespolo, è Still Life (2020). L’artista si confronta con un genere secolare – la “natura morta” – riattualizzando soggetti, tecniche e spirito di ricerca. La composizione vede protagoniste due melagrane bianche. Nel corso dei millenni la melagrana ha avuto moltissime simbologie, allegorie, metafore; nell’Esodo (28:33), per il manto dell’efod – paramento sacro ebraico – si legge: “All’orlo inferiore del manto, farai delle melagrane” arrivando a simboleggiare, secondo alcune tradizioni ebraiche, “onestà” visto – l’ipotetico – numero di 613 semi o arilli contenuti nel frutto come i 613 precetti della Torah; attributo della Grande Madre, frutto paradisiaco in alcune religioni monoteiste, amoroso nel Cantico dei Cantici, di ciclicità tra vita e morte nell’antichità classica sarà raffigurata anche da celebri artisti del Rinascimento in opere di soggetto mariano (si pensi a Vittore Carpaccio, Antonello da Messina o Sandro Botticelli) evocando di volta in volta nel corso dei secoli fecondità, abbondanza, amore, passione, martirio fino all’unità dei popoli. Al di là di questi pochi e rapsodici esempi, Liliana Moro, si potrebbe dire paradossalmente, svuota il frutto lasciandone solo l’epicarpo coriaceo. La “natura morta” in questo caso è tale perché vittima di una violenza, un foro concettualmente riconducibile a una picconata o a una beccata lascia intravedere l’oscurità interna, imperscrutabile, dell’oggetto in contrasto con il candore esterno. Aggiunge linfa al lavoro un elemento destinato a modificarsi nel tempo ossia una vera foglia di nespolo, sacro a Chronos, e il cui frutto è simbolo di saggezza e di pazienza.
Dalle nature morte di profumo metafisico dipinte de Filippo De Pisis alle “nature” dall’afflato cosmico di Lucio Fontana, l’opera di Liliana Moro, carica della consueta essenzialità e polisemia, crea ponti tra passato e futuro riflettendo su temi strettamente contemporanei. L’opera è stata realizzata in collaborazione con Davide Servadei – Bottega d’Arte Ceramica Gatti di Faenza.
Dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025, BUILDINGBOX presenta FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, un progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti italiani chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica: un programma dedicato alla secolare tradizione artistica della città di Faenza, tra i principali distretti produttivi nazionali, nonché sede ed epicentro di progetti e musei tematici come il “MIC Museo Internazionale delle Ceramiche”, il “Premio Faenza” e il “Museo Carlo Zauli”. Inoltre, la rassegna nasce come forma di omaggio verso un territorio segnato dall’alluvione del maggio 2023.
Come nella consueta programmazione annuale di BUILDINGBOX, la rassegna ospita interventi a cadenza mensile. In questa edizione, la presentazione delle opere avverrà il 12 di ogni mese: “numerologia” che allude alla ciclicità e alla sintesi tra elementi terreni, spirituali e temporali, oltre alle numerose simbologie legate al numero 12 nella storia e nelle culture di diverse parti del mondo.
Il progetto rappresenta una mappatura e una sintesi di alcune delle principali espressioni artistiche legate alla ceramica del XX e XXI secolo, promuovendo un avvicendamento tra autori di diverse generazioni che, in maniera ricorrente o sporadica rispetto alla propria produzione, usano le tecniche di lavorazione dell’argilla proseguendo, recuperando o rivoluzionando la straordinaria manualità della formatura e il valore cromatico-luministico delle smaltature.
Città divenuta sinonimo della ceramica maiolicata in molte lingue – il francese (faïance), l’inglese (faience) – l’antica Faventia è terra di produzione artigiana sin dall’epoca romana, caratteristica che sarà potenziata nei secoli successivi. In anni recenti molti sono gli artisti che hanno fatto ricorso alle fornaci faentine – anche grazie a progetti di residenze, mostre, workshop, premi, riviste – per la produzione artistica di sculture di medie e grandi dimensioni, spesso pensate per uno sviluppo ambientale e installativo. L’atto primario e demiurgico di forgiare la terra conferisce alla ceramica uno statuto esclusivo, quasi un’ontologia, la condizione aurorale della scultura. Nell’immediatezza plastica della manipolazione che precorre la cristallizzazione di una cottura, vi è tutta la naturalezza di un procedere per trasformazioni lente e meditate tra progettualità e casualità. Nella ceramica, come in un disegno, c’è il seme di un’origine, quella sorgività dell’immagine e delle cose nell’attimo stesso del loro concepimento. Dunque, la ceramica – al di là delle categorizzazioni tra artigianato, arte, oggetto d’uso, pezzo unico o seriale – detiene una intermedietà (o intermedialità) tra pensiero e gesto, tra segno e plastica, tra forma e colore operando, inoltre, con vari elementi naturali come terra, acqua e fuoco e ibridando linguaggi, tecniche, ricerche e conoscenze tra gli artisti e gli artigiani.