FAVENTIA – 5/12. Nicolò Cecchella
11.05.2024 – 11.06.2024
Dall’11 maggio 2024 all’11 giugno 2024, BUILDINGBOX ospita Specchi di terra (Volto-Terra; Volto-Specchio) (2015-2017) dell’artista Nicolò Cecchella (Reggio Emilia, 1985).
La quinta opera ospitata nella rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è l’installazione Specchi di terra (2015-2017), composta da un gruppo di sculture realizzate a partire dall’impronta in argilla del viso dell’artista. Il volto è una traccia tangibile dell’interiorità.
È ciò che, per definizione, avvolge, ricopre, definisce i limiti epidermici del soggetto, incorporandone i caratteri espressivi e identitari. Nel volto vi è sempre la fine di un corpo e l’inizio di una relazione con il mondo. Eppure, nella scultura di Cecchella, il volto non è mai “rivolto”, non si dà verso l’esterno come un’interfaccia (la faccia assume, semmai, l’aspetto di una superficie uniforme, anonima e inespressiva, al punto da disporsi sul pavimento, verso terra). Al contrario, il volto-sembiante si rivela unicamente nella zona di contatto e di pressione tra la materia scultorea – l’argilla – e il viso di un io, quasi fosse una maschera di sé e per sé, unicamente orientata verso l’interiorità. A questo contribuiscono anche gli occhi chiusi, catturati in posa mortale o in una qualche forma di negazione ed esclusione. Maschera totale, specchio opaco di argilla, che rifletterà in modo diverso, solo per chi saprà andare oltre la traccia. Là dove, come ha scritto Cecchella “un enigma si volge al presente, continuamente chiamandolo passato”. In questi frammenti si va alla fonte della sostanza arcaica, per darne la radice, il calco-impronta della sua estrazione. Un solo elemento, tra le opere esposte, si differenzia per la tecnica e per l’esito plastico e visivo. Un “volto-specchio” in cui, per mezzo di una triplice cottura, uno strato specchiante in platino riveste la cavità interna – e simulacrale – della scultura. È qui che si verifica l’inversione dell’immagine: nella luce accecante del metallo, si sommano i rispecchiamenti dello spazio circostante, di altre presenze. Il volto si estrinseca, accoglie, contiene e deforma altri volti, si volge verso l’esterno riflettendolo, anche in modo accecante, pur seguitando nel suo incomunicabile e inaccessibile mistero. Resta comunque, come per ogni io – o meglio “frammento dell’io” – una parte non vista, e nemmeno visibile, una geografia remota dove non è possibile inoltrarsi se non per incontrare uno sguardo muto, inciso ad occhi chiusi nella terracotta. L’opera è stata realizzata in collaborazione con il laboratorio Ceramic & Colours di Faenza.
Dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025, BUILDINGBOX presenta FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea, un progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti italiani chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica: un programma dedicato alla secolare tradizione artistica della città di Faenza, tra i principali distretti produttivi nazionali, nonché sede ed epicentro di progetti e musei tematici come il “MIC Museo Internazionale delle Ceramiche”, il “Premio Faenza” e il “Museo Carlo Zauli”. Inoltre, la rassegna nasce come forma di omaggio verso un territorio segnato dall’alluvione del maggio 2023. Come nella consueta programmazione annuale di BUILDINGBOX, la rassegna ospita interventi a cadenza mensile. In questa edizione, la presentazione delle opere avverrà il 12 di ogni mese: “numerologia” che allude alla ciclicità e alla sintesi tra elementi terreni, spirituali e temporali, oltre alle numerose simbologie legate al numero 12 nella storia e nelle culture di diverse parti del mondo.
Il progetto rappresenta una mappatura e una sintesi di alcune delle principali espressioni artistiche legate alla ceramica del XX e XXI secolo, promuovendo un avvicendamento tra autori di diverse generazioni che, in maniera ricorrente o sporadica rispetto alla propria produzione, usano le tecniche di lavorazione dell’argilla proseguendo, recuperando o rivoluzionando la straordinaria manualità della formatura e il valore cromatico-luministico delle smaltature.
Città divenuta sinonimo della ceramica maiolicata in molte lingue – il francese (faïance), l’inglese (faience) – l’antica Faventia è terra di produzione artigiana sin dall’epoca romana, caratteristica che sarà potenziata nei secoli successivi. In anni recenti molti sono gli artisti che hanno fatto ricorso alle fornaci faentine – anche grazie a progetti di residenze, mostre, workshop, premi, riviste – per la produzione artistica di sculture di medie e grandi dimensioni, spesso pensate per uno sviluppo ambientale e installativo. L’atto primario e demiurgico di forgiare la terra conferisce alla ceramica uno statuto esclusivo, quasi un’ontologia, la condizione aurorale della scultura. Nell’immediatezza plastica della manipolazione che precorre la cristallizzazione di una cottura, vi è tutta la naturalezza di un procedere per trasformazioni lente e meditate tra progettualità e casualità. Nella ceramica, come in un disegno, c’è il seme di un’origine, quella sorgività dell’immagine e delle cose nell’attimo stesso del loro concepimento. Dunque, la ceramica – al di là delle categorizzazioni tra artigianato, arte, oggetto d’uso, pezzo unico o seriale – detiene una intermedietà (o intermedialità) tra pensiero e gesto, tra segno e plastica, tra forma e colore operando, inoltre, con vari elementi naturali come terra, acqua e fuoco e ibridando linguaggi, tecniche, ricerche e conoscenze tra gli artisti e gli artigiani.