Vincenzo Agnetti – Autoritratti Ritratti, Scrivere – Enrico Castellani, Piero Manzoni
23.10.2019 – 18.01.2020
con performances di Italo Zuffi
LOCATION AGGIUNTIVE
Chiostri di Sant’Eustorgio
Cappella Portinari
Cimitero Paleocristiano
Sala Capitolare
Piazza Sant’Eustorgio 3, 20122 Milano
lunedì – domenica, 10 – 18
entrata: €6, ridotto €4
“Io scrivo delle cose dalle quali ricavo i miei quadri che a loro volta sono di stimolo per altri scritti…” – Vincenzo Agnetti, Corriere della Sera, febbraio 1972.
BUILDING, dal 23 ottobre 2019 al 18 gennaio 2020, presenta Vincenzo Agnetti – Autoritratti Ritratti, Scrivere – Enrico Castellani Piero Manzoni a cura di Giovanni Iovane.
La mostra, articolata nelle due sezioni Autoritratti Ritratti e Scrivere, si concentra su una selezione di opere dell’artista che comprendono non soltanto i suoi celebri “feltri”, ma anche molti altri lavori tra cui Identikit (1973), Autotelefonata (No) (1972) e Elisabetta d’Inghilterra (1976) – in cui l’artista sperimenta in maniera originale il genere del ritratto – e il celebre Quando mi vidi non c’ero (1971), dedicato al tema dell’autoritratto con Il suonatore di fiori (1982), ultima sua opera rimasta incompiuta.
Agnetti aveva stretto un sodalizio culturale con Enrico Castellani e Piero Manzoni, contribuendo, sin dagli anni ’60, all’indagine critica sul loro operato artistico con testi caratterizzati dal suo peculiare stile di scrittura, a metà fra analisi critica e poesia.
Nella sezione intitolata Scrivere, vengono dunque presentate una selezione di opere di Castellani e Manzoni legate alla ricerca di Agnetti, a partire da Litografia Originale (1968), in cui da un lato (recto) c’è l’opera di Castellani e dall’altro (verso) un testo con diagramma di Vincenzo Agnetti. Di Piero Manzoni troviamo invece le “tavole di accertamento” e le “linee”, oltre a opere attinenti al tema del ritratto, fra cui la Base magica (1961), modello di “scultura vivente” dall’evidente carattere performativo.
Ritrarre è un’azione: il verbo, che etimologicamente deriva dal latino retrahĕre – tirare indietro – esprime un “atto negativo” che Agnetti, alla lettera, inserisce sia linguisticamente che come azione performativa all’interno della sua pratica artistica.
In questa pratica, che consiste in una dialettica negativa “scrittura – opera – scrittura”, l’atto del ritrarre gioca un ruolo fondamentale proprio per il suo significato negativo di sottrazione ma anche, successivamente, di recupero.
L’ultima parte della mostra comprende un’ampia sezione documentaria con testi e fotografie che raccontano il complesso rapporto “scrittura – opera – scrittura” di Agnetti, per il quale la “scrittura – opera” diventa qualcosa di diverso rispetto agli Statements degli artisti concettuali.
In questo senso, un’opera come l’autoritratto Quando mi vidi non c’ero può essere intesa come uno speech act, per usare un termine di John Langshaw Austin, filosofo del linguaggio, autore di How to Do Things with Words [come fare opere con le parole] (1962). Nella serie dei “feltri” Agnetti delinea una sperimentazione artistica in cui la scrittura e l’opera assumono un valore che supera la definizione restrittiva di una pratica “concettuale”, per diventare performance.
Parte del progetto espositivo sono anche le performances di Italo Zuffi, create dall’artista in occasione di questa mostra, per attivare, sottolineando l’aspetto performativo dell’opera di Agnetti, una riflessione contemporanea sui concetti di ritratto e traduzione.
Anche per questo progetto BUILDING propone un’estensione pubblica della mostra nella città di Milano.
Alcune opere fra le più mistiche di Vincenzo Agnetti, come Ritratto di Dio (1970) o Apocalisse (1974), verranno esposte in alcuni ambienti dei Chiostri di Sant’Eustorgio.
Un calendario di lectures e seminari di approfondimento accompagnerà lo svolgimento della mostra.
Il catalogo, edito da BUILDING, comprenderà testi, fra gli altri, di Giovanni Iovane, curatore della mostra, Marco Meneguzzo, Gaspare Luigi Marcone, Rosalia Pasqualino di Marineo, Federico Sardella, Marco Senaldi e un’intervista inedita di Tommaso Trini all’artista, risalente agli anni ’70.
La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Archivio Vincenzo Agnetti, la Fondazione Enrico Castellani, la Fondazione Piero Manzoni e con il supporto della galleria Osart, della Collezione La Gaia e di collezioni private.